Il referendum indetto da Tsipras e dall’ex amico Varoufakis (non la Troika, non Angela Merkel) ha condannato l’Europa non a seguire il sacrosanto volere del Popolo, ma a soggiacere ai capricci e alle contraddizioni dell’opinione pubblica.
L’opinione pubblica si forma intorno ad un argomento in modo irregolare, basandosi su notizie parziali; viene stimolato lo stomaco non la mente dei telespettatori (o degli internauti); ci si esprime come di fronte ad un poppante: ci sono dei cattivi e dei buoni, una strega e un cavaliere. L’opinione pubblica è facilmente plasmabile e al contempo può sfuggire di mano in un attimo.
Tsipras aveva il dovere di faregli interessi della Grecia, di cambiare il Paese, un sistema Paese corrotto e arretrato, un sistema Paese che potrebbe rimanere in piede solo autoalimentandosi di corruzione e clientelismo, di certo non in un panorama comunitario; aveva il dovere di discutere una ristrutturazione del debito, forte del mandato democratico di 5 mesi fa, con l’alleato a sorpresa rappresentato dall’Fmi; aveva il dovere di rispettare Angela Merkel che a differenza di Tsipras non può plasmare l’opinione pubblica come crede, al limite del potere che ha democraticamente ottenuto. Angela Merkel per offrire il piano d’aiuti era andata contro i falchi del suo partito, era andata contro l’opinione pubblica tedesca che oggi attacca spietata: “Salva la Grecia con i nostri soldi!”. Era andata incontro agli interessi dei greci, era stata solidale. Ed è stata tradita, costretta a ritornare umiliata di fronte al popolo tedesco, costretta a seguire l’opinione pubblica, e, guarda un po’, non è in vena di favori. Non può apparire debole di fronte all’opinione pubblica.La questione economica, se sia colpa della Grecia che ha fatto troppo male e troppo poco per cambiare, o se sia dell’Europa che ha preteso troppo e troppo in fretta, è una discussione infinita, che si presta a mille interpretazioni, ognuna delle quali porta con sé un pezzo di verità.
La questione politica invece non lascia dubbi: i populisti e gli antieuropeisti, coloro che scambiano la solidarietà tra i popoli per debolezza; coloro che amano salire sul carro del vincitore; coloro che preferiscono non prendere posizione perché il voto referendario non si discute; coloro che non osano chiamare quel 60% di no con il suo vero nome, Opinione Pubblica, e non con quel nome più dolce, più rassicurante, assolutamente fasullo, Volere del Popolo, stanno commettendo un errore imperdonabile, stanno aprendo la strada a nuovi totalitarismi, a politiche delle masse che proprio questa unione voleva evitare.
Per la cronaca, quando l’opinione pubblica si è travestita da volere del popolo:
1930, Hitler, uscito dal carcere, l’eroe del popolo, passa dagli 800 mila voti del ’25 a 6 milioni e mezzo di voti. (due anni più tardi sarà nominato Cancelliere)
1968, Nixon cavalcando la “grande maggioranza silenziosa” che mandava a morire in Vietnam i figli dei poveri, ottiene 31 milioni 783 mila voti. (e vincerà ancora, prima che l’opinione pubblica si arrenda alla verità: che era un corrotto pronto a spiare gli avversari pur di mantenere il potere)
E infine, per tutti coloro che si riempiono la bocca di citazioni classiche, eccone una che mi sembra calzante:
“Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.”