Roberto Gervaso, classe ’32, è un giornalista famoso e controverso. Il suo nome compare negli elenchi della P2, è stato una delle firme più importanti del “Corriere della Sera”, ha fatto televisione, ha scritto di storia insieme a Montanelli, durante la sua carriera ha incrociato le strade dei personaggi più influenti, chiacchierati, amati e odiati della storia d’Italia.
Tra il 76’ e il 78’ intervistò i contemporanei che dominavano la scena politica, culturale, imprenditoriale del Paese. Queste interviste, caratterizzate da domande brevi, un ritmo incalzante e la vena beffarda, sono state raccolte in un libro dal titolo azzeccatissimo: Il dito nell’occhio (1978, Rusconi, Milano).
Una notte di qualche anno fa non riuscivo a dormire, saranno state le 3 del mattino e mi misi a cercare tra i vecchi libri accumulati nella biblioteca dei miei genitori. Trovai Il dito nell’occhio e me lo divorai. Mi sentivo fortunato e la notte successiva decisi di non dormire, sperando di trovare un altro libro “magico”. Non andò così e ricominciai a frequentare il teatro Bianchini, ma il libro di Gervaso non l’ho dimenticato e qui vi ripropongo alcune domande e, soprattutto, alcune risposte conservate in quel libro. Robe forti!
GIANNI AGNELLI
D: Preferisce andare a cena con un sociologo o con una bella donna?
R: L’ideale sarebbe una bella sociologa.
GIULIO ANDREOTTI
D: Tristan Bernard, a chi gli chiedeva “Preferisci andare all’inferno o in paradiso?”, rispondeva “All’inferno, c’è più società”. E lei?
R: No: io spero di andare in paradiso. Magari con qualche agevolazione all’ingresso.
SILVIO BERLUSCONI
D: Andrebbe volentieri a Montecitorio?
R: No, e non perché sottovaluti la funzione del Parlamento.
D: E perché allora?
R: Credo che un deputato o un senatore, se vuole davvero incidere debba impegnarsi totalmente, e questo sarebbe incompatibile con la mia attività imprenditoriale.
ENZO BIAGI
D: Qual è il peggior difetto degli italiani?
R: Oggi, l’indifferenza. S’aspettano sempre che qualcuno provveda a loro.
GIANNI BRERA
D: Perché ti sei fatto crescere la barba?
R: Perché una mattina, in campagna, m’accorsi d’esser senza lamette. Forse, avrei dovuto pensarci prima.
D: Perché?
R: Perché è molto più comodo, eppoi con la barba sto meglio: i peli nascondono gli zigomi unniti ereditati da mia nonna ungherese, e la cicatrice d’un calcione preso da un cavallo.
D: Una volta, però, dicesti che la barba la portano i cretini.
R: E lo dico ancora.
BETTINO CRAXI
D: Perché gl’intellettuali preferiscono il PCI al PSI?
R: Perché il PCI organizza meglio la cultura.
D: Solo per questo?
R: No. Anche perché rappresenta la classe operai più del PSI e l’intellettuale, marxista o no, che a questa classe vuol collegarsi, ne subisce maggiormente l’attrazione e il fascino. Terzo: per moda e opportunità.
MAURIZIO COSTANZO
D: E le tasse le paghi?
R: Certo che le pago.
D: Non hai evaso?
R: No, in passato sono stato un po’ evasivo. Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Pardon, la prima cartella.
CARLA FRACCI
D: E quale (musica) le dà più sui nervi?
R: Ah, questo non lo dirò mai.
…
D: La musica elettronica?
R: Com’ha indovinato?
D: I nomi.
R: I nomi? Ma lei è matto. I nemici che ho mi bastano e avanzano.
D: E ne ha tanti?
R: Temo di sì.
VITTORIO GASSMAN
D: Dà più popolarità il cinema o il teatro?
R: Il cinema, anche se non sono un attore simpatico.
D: Perché?
R: Per un calcolo volontario di domanda e offerta. Quando cominciai mi dissi: italiani simpatici ce ne sono un mucchio, antipatici pochi. Meglio quindi farsi la fama di antipatico: avrò meno concorrenza.
RENATO GUTTUSO
D: Di quale vizio sei stato, o sei, più schiavo?
R: Fumo, bevo, una volta mangiavo anche molto. Amo la vita fino all’estenuazione.
…
D: Ti accusano di vivere da nababbo.
R: No, spendo solo un mucchio di quattrini.
UGO TOGNAZZI
D: Che epitaffio vorresti inciso sulla tua tomba?
R: “Speriamo che gusti la morte come gustò la vita”